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La Memoria Digitale

23/08/2003 10865 lettori
4 minuti

LA memoria DIGITALE

L’altro giorno, nel caldo di un treno che sembrava uscito da un film western, discutevo con un amico che si occupa di I. A. delle possibilità di connessione uomo macchina. Mi raccontava di cose allucinanti e meravigliose, computer connessi alle sinapsi di topi bianchi, reti neurali che simulano il pensiero… immaginavo uomini in camice che mi installavano un disco rigido fra le scapole e lo chiamavano c:idioti\mattiagaldiolo\… con le varie sotto cartelle che vi lascio immaginare; già mi vedevo con il logo di windows nelle pupille. Visioni da caldo, che mi tornano utili nella riflessione presente sulle connessioni fra le memorie digitali e le nostre memorie. Personalmente quando si presentano temi dallo svolgimento così futuribile, ricordando il mio rapporto con la tecnologia, resto fra lo scettico e il perplesso e chiudo word. Ma non in questo caso, perché la memoria mi sta a cuore e credo che, contrariamente allo stereotipo sui sentimenti che umanizzano, la memoria ci renda umani. Posso anche amare intensamente ma se non riconosco l’oggetto del mio amore resto fresco. La memoria è intimamente connessa alle emozioni, ai sentimenti, alla riflessione. Possiamo memorizzare su un file l’intero codice civile ma questo non implica da parte nostra un comportamento nei margini della legge, come il fatto che ci siano centinaia di volumi attorno a me non ne implica la mia conoscenza. Non sono un censore di internet che vorrebbe tornare alla penna d’oca, mi piace poter disporre di tutto o quasi lo scibile dell’uomo a portata di clic, ma questa conoscenza la devo usare. Internet e la sua capacità di memorizzare mi fa sentire sempre più una capra, ignorante e smemorata. Ma internet memorizza, non ricorda, noi ricordiamo, noi riflettiamo, si dirà, internet applica algoritmi. Ma questo non è vero, e non serve la tecnologia per creare macchine pensanti, basta la formulazione di un meccanismo logico ed ecco che abbiamo una combinazione di algoritmi e sillogismi che funziona meglio della nostra illogica cervice. Cito a questo proposito un personaggio adorabile, un grande predicatore della cristianità, talmente grande che finì martirizzato dai saraceni; Raimondo Lullo, coevo di Dante. Costui aveva creato un algoritmo logico che, su carta non certo su byte, permetteva lo svolgimento di pensieri a carattere filosofico e teologico. Ovviamente Lullo lo aveva pensato come uno strumento di predicazione pertanto gli elementi che includeva fra le possibili combinazioni erano di carattere religioso (fornendo regole per l’esclusione di formulazioni eretiche e vincolando il meccanismo a una direzione obbligata) ma, per ipotesi, includendo tutti gli elementi del pensiero umano (cosa che l’informatica tende a fare), e svincolando i sillogismi da costrizioni, si ottiene con un po’ di pazienza tutto quello che l’uomo riesce a pensare.

Mi rendo conto di aver un po’ forzato la mano al povero Lullo, ma le sue rotule e le su liste sono un interessante esempio di elaborazione sintattico-logica che toglie di mezzo il pensiero umano in favore di un infinita possibilità combinatoria. Questo per dire che non è affatto vero che il pensiero umano e la relativa creatività siano insuperabili. Qualche volta penso che gli sceneggiatori di Beautiful facciano qualcosa del genere per scrivere le sceneggiature. Allora a cosa serve ricordare, a cosa serve pensare? Quando mi rendo conto di non ricordare assolutamente nulla di certi libri e film (accidente che a un database non succede di certo) mi ricordo di Suskind e della sua “amnesia in litteris”. In sostanza quello che importa davvero non sono i concetti che ricordiamo, ma i concetti che affrontiamo” alla forma mentis che nel tempo acquisiamo. Questo è molto simile a quel processo che porta molti uomini e molte donne a girare il mondo alla spasmodica ricerca di un libro come L’Hypnerotomachia Poliphili, tomo illeggibile ai più ma dal fascino indiscutibile, forse uno dei più bei libri mai stampati. In questo caso l’informazione contenuta nel supporto è relativamente irrilevante, ma come spiegare la piacevolezza delle stampe? Il piacere delle legature coeve, quasi sembra di averlo letto al solo sfogliarlo ed accarezzarlo quel libro. Vedere la scansione delle pagine su una schermata non è la stessa cosa. Tornando alla forma mentis, appare chiaro che è parte della nostra identità, nel provare sentimenti di un certo tipo e di una certa intensità (alla faccia della supremazia del cuore stile soap), nell’arrabbiarci per certe cose e non per altre, a vedere il mondo in una certa prospettiva, siamo a essa vincolati. Con buona pace del defunto Lullo il suo algoritmo è così da ‘800 anni, noi in meno di 80 riusciamo a cambiare prospettiva quante volte? E’ questo, la flessibilità del pensiero, l’ultimo vero tesoro della condizione umana a mio avviso, simile a un albero si forma seguendo il percorso che il caso la porta a prendere. In questo la memoria appare di scorcio, come un percorso passato che tuttavia è la radice del presente. Da essa noi traiamo nutrimento, non però da concetti distinti, ma da una linfa ibrida. Da essa prendiamo gli elementi utili al nostro peregrinare cerebrale, trascurando l’inutile. Il nostro complesso di idee, valori, capacità di elaborazione, deriva da questo sostrato di cose utili ed inutili che non ricordiamo, ma che sono parte di noi.

Per quanto affetto animista io possa dedicare al mio PC, ben lontano sono tuttavia dal pensarlo cattolico (più giusto sarebbe dire di culto protestante) anche se contiene la versione digitale della Bibbia, sono più vicino a pensare che il mio canarino apprezzi Berlioz.

 

 

MATTIA GALDIOLO©
Mattia Galdiolo
Mattia Galdiolo

Studente di SdC a Padova i miei interessi sono rivolti al mondo letterario ed editoriale.